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sabato 24 febbraio 2018

L'INDICE DI MALACHIA: “IO SONO UN GATTO” DI NATSUME SŌSEKI.

“Io sono un gatto. Può darsi che fra i lettori vi sia chi dubita che un gatto abbia la capacità di riportare dettagliatamente i moti dell’animo del proprio padrone, ma per me non è affatto un’impresa. Perché riesco a leggere nel pensiero. E non chiedetemi dove abbia imparato, è una domanda inutile. So farlo e basta.”



Siamo agli albori del ventesimo secolo, era Meiji per i giapponesi, epoca in cui irrompe la modernità occidentale. Un gatto sguscia fra i fusuma della casa del proprio padrone, un aspirante poeta e scrittore misantropo che per vivere fa il professore di inglese, e con il passo felpato che contraddistingue la sua specie fluttua con sovrana ironia sopra le frustrazioni del padrone, le interminabili discussioni pseudofilosofiche con i bizzarri amici che frequentano la casa, l’insofferente presenza della moglie, stanca delle stranezze del professore e per l’esuberanza delle sue due bambine, strani ladri che nottetempo rubano patate dolci, vicini di casa ricchi, nasuti e spocchiosi, illuminanti disquisizioni sulle differenze fra la mentalità orientale e quella occidentale.


Natsume Sōseki (1867-1916) è uno dei maggiori scrittori giapponesi
e uno dei meno compresi fra i suoi contemporanei.

L’autoironia dello scrittore tocca il culmine quando scrive “Di recente un mio amico, un certo Sōseki, ha scritto un racconto breve intitolato “Una notte” (pubblicato nel 1905 come “Io sono un gatto”), un’opera così confusa che nessuno ci capisce niente, allora quando ho incontrato l’autore gli ho chiesto quali fossero i passaggi significativi. Sapete cosa mi ha risposto? Che non ne aveva la più pallida idea e non gliene importava nulla. Un atteggiamento tipico del poeta moderno.”
Pare quasi che Sōseki non riesca a trovare parole per esprimere il cambiamento e che lo coinvolge, e lo vede fra i principali protagonisti, se non per voce di un animale apparentemente neutro, lontano e indifferente come sembrano esserlo i felini sonnecchianti fra le pareti delle nostre case. A volte si ha l’impressione che l’autore, per voce del gatto, sezioni il proprio alter ego quasi con ferocia, irridendolo in tutti i modi possibili, lasciando appena un residuo di tenerezza per la condizione di frustrazione mista a snobismo del professor Kushami.
Fra sottili distinzioni culinarie fra soba e udon e discussioni che mettono in dubbio l’eleganza degli abiti occidentali, definiti scomodi e strampalati, si nota la profonda cultura di Sōseki, forse fra i primi ad impregnarsi di cultura occidentale e, forse proprio per questo, non compreso dai connazionali fino quasi ai giorni nostri.
Oltre al grande interesse per la nostra cultura, Sōseki ha in comune con un altro famoso autore giapponese, Murakami, sicuramente anche questo interesse per i felini. Lo scrittore di “1Q84” aveva infatti aperto negli anni Settanta un locale, “Peter cat”, decorato ovunque con immagini di gatti.


Una scultura monumento al gatto del romanzo, situata nel luogo dove visse lo scrittore.

Di Natsume Sōseki ho letto anche “La porta”“E poi” e il suo capolavoro “Guanciale d’erba”; sul comodino ho anche “Il signorino”. Mi è piaciuto un pochino.

Per finire, due citazioni del romanzo dedicate ai felini.
“Le zampe dei gatti... sono l’intuizione muta e immediata delle delizie della vita.”

“Gli umani, per quanto forti, non saranno in auge per sempre. Meglio attendere tranquillamente l’ora dei gatti.”


Ditemi se conoscevate questo autore e se vi ho rotto abbastanza le scatole con il Giappone, ne avreste pieno diritto. E, come sempre, fatemi sapere quale libro state leggendo o di quale vorreste parlassi, cercherò di accontentarvi!

Buona giornata!😘
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