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giovedì 2 gennaio 2020

L'INDICE DI MALACHIA: "CAMBIARE L'ACQUA AI FIORI" di VALÉRIE PERRIN

“Finché, come i gatti del cimitero, anche il sole è entrato in camera mia, si è infilato sotto le lenzuola. Ho aperto le tende, poi le finestre. Sono scesa in cucina, ho messo a bollire l’acqua per il tè e fatto prendere aria alla stanza. Mi sono ridedicata al giardino, ho ricominciato a cambiare l’acqua ai fiori....”


Non giudicare un libro dalla copertina, si dice. In effetti a me questa ricordava molto quelli della collana Harmony, e credo che se non mi fosse stato regalato, probabilmente non avrei letto questo romanzo. Fin dalle prime pagine ho capito di aver preso una cantonata.
Violette è una donna che ha sempre avuto confidenza col l'abbandono, fin dalla nascita. Probabilmente per questo motivo si trova a proprio agio fra lapidi, fiori e funerali, e attira come una calamita persone in lutto. Conosce perfettamente il dolore e la perdita ma sa come recuperare e ricordare, tanto che scrive in un registro apposito tutti gli elogi funebri e le cronache dei funerali per parenti e amici che non hanno potuto partecipare. Chi vuole può bussare alla porta della sua casetta in un angolo del cimitero, bere un tè e ricevere parole di conforto. Ogni capitolo si apre con un'iscrizione funebre, alcune veramente strazianti.


Contrariamente a quello che si può pensare, “Cambiare l’acqua ai fiori” non è un romanzo triste, ma profondamente resiliente e vitale. L’autrice Valérie Perrin sa centellinare vita, ragioni e dolori non solo della sua protagonista ma soprattutto dei personaggi che potrebbero sembrare in antitesi con lei, portando alla luce segreti e sofferenze che a loro volta hanno dovuto affrontare.

Valérie Perrin

Quindi i cattivi non sono così cattivi e acquisiscono una tridimensionalità che all’inizio del libro sembravano non avere. È un romanzo al femminile che però sa descrivere e caratterizzare delle belle figure maschili: da Philippe Toussaint, il marito dal cognome profetico, a Sasha, il predecessore di Violette al cimitero di Brancion-en-Chalon, al poliziotto marsigliese Julien Seul, che la scrittrice non cade nel tranello di designare come principe azzurro salvatore (e anche qui il cognome parla). Nello sfondo, tra profondi drammi, si dipanano anche grandi storie d’amore, non convenzionali ma semplici e vere, rivelate e rivissute con un sapiente uso del flashback. 
Valérie Perrin (fotografa di scena anche per il marito, il regista Claude Lelouche) immortala una bella storia che vale la pena di leggere.