Cerca nel blog

venerdì 1 novembre 2019

L’INDICE DI MALACHIA: “MADONNA COL CAPPOTTO DI PELLICCIA” di SABAHATTIN ALI

Ancora oggi, dopo tanti anni, mi è impossibile descrivere ciò che provai in quel momento. Ricordo solo che ero pietrificato davanti al ritratto di una donna con il cappotto di  pelliccia.”



In copertina "Gertie in a Fur Coat" di Isaac Israels

Sabahattin Ali, scrittore, poeta, insegnante di tedesco, dissidente comunista del regime di Atatürk, fu incarcerato più volte. Nato nel 1907, morì nel 1948 in circostanze poco chiare, pochi anni dopo la pubblicazione di questo romanzo,  ucciso mentre cercava di scappare in Bulgaria, forse dal trafficante che doveva fargli attraversare la frontiera, forse durante un interrogatorio da parte dei servizi di sicurezza. 
I suoi effetti personali (la sua ventiquattrore, i suoi occhiali e il binocolo, una fotografia di sua moglie e una copia di Eugenio Onegin), ritratti in una foto ormai divenuta storica, non furono mai restituiti alla famiglia.



Dopo settant’anni il romanzo è stato riscoperto e sta riscuotendo un successo enorme, probabilmente anche per una certa consonanza con la situazione politica attuale.
Questo libro parte piano, ti inganna con uno pseudoprotagonista narratore, alla disperata ricerca di un lavoro; ad un certo punto introduce Raif Effendi e ti annoia un po’ con un personaggio mediocre, cagionevole di salute, rinunciatario, sfruttato e umiliato da tutti, scoprendone poi a poco a poco l’aspetto di eroe romantico e ipersensibile.
Dentro una cornice ambientata nella Ankara degli anni Trenta, il taccuino segreto di un grigio impiegato ormai in agonia ci porta nella Berlino di dieci anni prima, un’era geologica nella vita di Raif, arrivato dalla provincia turca per imparare a produrre saponi e entrato quasi per caso in una galleria d’arte.

“La donna del dipinto rappresentava la sintesi perfetta di tutte le figure femminili che da sempre popolavano i miei sogni. Vestita con una pelliccia di gatto selvatico, lei era nell’ombra, se non fosse per una striscia di collo dall’incarnato pallido su cui si ergeva un viso ovale leggermente rivolto a sinistra. Gli occhi neri guardavano distrattamente davanti a sé come immersi in profonde e incomprensibili meditazioni e, attingendo all’ultimo barlume di speranza, cercavano qualcosa che erano sicuri che non avrebbero mai trovato.”

La profonda impressione che questo autoritratto produce in Raif attira su di lui l’attenzione dell’autrice del dipinto stesso, Maria Puder, una ragazza contraddittoria, indipendente, capricciosa, irrequieta, un po’ selvaggia, un po’ altera. Per caso la incontra per strada una seconda volta e nasce un rapporto strano, basato sulla diffidenza della ragazza ma anche sul grande potere di attrazione di quell’ingenuo e poetico studente turco.



Pare che il romanzo si basi su una storia veramente accaduta al suo autore, ma non si sa se esista veramente quel quadro. Lo scrittore ci dice che un critico su un giornale lo accosta alla Madonna delle Arpie di Andrea del Sarto, conciliando, come spessissimo accade nella cultura turca, cristianesimo e Islam, Europa e Asia.

“C’erano in lei reminiscenze della Nihal di Halit Ziya, della Mehcure di Vecihi Bey, dell’amata del Cavalier Buridan, ma anche della Cleopatra dei miei libri di storia e di Amine Hatun, la madre di Maometto...” 


All’inizio questo libro non mi aveva appassionato molto ma sono grata alla caparbietà tipica del lettore indomito per essere andata avanti: il grigiore della parte iniziale viene ripagato e contestualizzato nella seconda.  

Consigliato a chi cerca qualcosa al di fuori del consueto e a chi ama Istanbul, con il suo cocktail di culture diverse.

Autore: Sabahattin Ali
Titolo: Madonna col cappotto di pelliccia
Traduzione: Barbara La Rosa Salim
Editore: Fazi
pagg. 210