C'è chi
ha proposto liste di attori che avrebbero potuto smettere di recitare al suo
posto, tutti gli altri non se ne fanno una ragione ma lui, Daniel Day-Lewis,
con quel doppio cognome, il naso aristocratico e una dose di talento attoriale
veramente doppia, non ha mai parlato a vanvera. Se dice che si ritirerà dalle scene, lo farà.
Come
quando nel 1989, a metà di una replica dell'Amleto, abbandonò la scena per mai
più calcare un palcoscenico teatrale, secondo alcuni perché avrebbe visto, come
il principe danese, il fantasma del padre, morto quando lui
aveva quindici anni.
Il poeta laureato Cecil
Day-Lewis non fece dunque in tempo a vedere il figlio recitare sulle orme della
madre, attrice di teatro nella migliore tradizione inglese. Ma la leggenda narra (la notizia non è accreditata) che l'esordio cinematografico fu sotto la stella
del cinema di qualità, nella parte di un teppistello in una fugace comparsata in
"Domenica, maledetta domenica" di John Schlesinger.
Daniel a destra, con i genitori e la sorella. |
Il ruolo probabilmente non fu casuale, se è vero quello che in seguito dichiarerà:
figlio di un poeta affascinato dal socialismo, venne mandato in scuole
pubbliche in cui, per non farsi prendere di mira dai figli del popolo, dovette
imitarli nel loro gergo e negli atteggiamenti aggressivi che li
contraddistinguevano, così da dare il la a una carriera che già aveva nel
sangue.
Quindi,
corsi all'Old Vic Theatre di Londra e una serie di film per la TV inglese che
già ne misero in luce il talento pignolo e caparbio nel tenere la traccia, fino
a azzannare il personaggio da interpretare.
Il 1982
lo vede impegnato in un ruolo marginale ma, ancora, da bullo: in "Gandhi"
fa passare un brutto momento al pacifista più famoso della storia.
Nel 1984
ancora un ruolo ingrato nel "Bounty", in cui giganteggia
Anthony Hopkins come capitano e gigioneggia Mel Gibson come il bel ribelle,
mentre a lui tocca la particina dell'ufficiale antipatico e artificialmente
brizzolato.
Qui sembra Miguel Bosé. |
Il 1985
è l'anno della svolta: Daniel interpreta dapprima un personaggio quasi comico,
ingessato e letterario, il Cecilio di "Camera con vista", film
di Ivory dal bel romanzo di E.M. Forster,
un fidanzato dei primi del Novecento freddo e compassato che non regge
il confronto con il tormentato e impulsivo ragazzo conosciuto dalla
protagonista in Italia. Mio film di culto anche per le splendide scene
fiorentine e la colonna sonora di Puccini ("O mio babbino caro").
Nello stesso
anno gira "My Beautiful
Laundrette", di Stephen Frears, uno dei film più delicati
girati sul tema del razzismo e dell'omosessualità. Ancora bullo di quartiere ma
dal cuore tenero.
Altro
salto di qualità quando, nel 1988,
incarna il chirurgo sciupafemmine nella trasposizione cinematografica del caso
letterario dell’epoca, “L’insostenibile
leggerezza dell’essere” di Milan Kundera, con Juliette Binoche.
Ma la
fama mondiale lo investe quando interpreta il ruolo dell'artista tetraplegico
Christy Brown ne "Il mio piede sinistro", di Jim Sheridan,
vincendo il suo primo Oscar nel 1990. Per interpretare questo
personaggio, l'attore non scendeva mai, nemmeno nelle pause di lavorazione,
dalla sedia a rotelle, mantenendo la postura rattrappita del protagonista ed è
proprio questa full immersion nei ruoli di volta in volta interpretati la cifra
distintiva del suo essere attore.
Il
cambiamento è un'altra delle sue caratteristiche: non un ruolo nemmeno
lontanamente simile all'altro, tanto che in Italia non riusciamo ad assegnargli
un doppiatore stabile. Chi potrebbe immaginare Harrison Ford o Tom Cruise senza
la loro "voce"? Daniel Day-Lewis cambia in maniera così repentina in
ogni film, che non sembra essere la stessa persona, non ha una faccia e una
voce propria.
Ma lasciamo per la prossima volta i film più recenti.
Fatemi
sapere se conoscevate questo attore, avete visto qualcuno di questi film o se vi ho messo voglia di
vederne uno in particolare. Alla prossima!
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